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Cod Art 0372 | Rev 00 | Data 20 Gen 2011 | Autore Pierfederici Giovanni

 

   

 

L'UTILIZZO DEL CAFODOS, DEL PEROSSIDO DI IDROGENO E DEL CLORO NEI PRODOTTI ITTICI

Riconoscere un prodotto ittico alterato non è affatto semplice, e anche i più esperti a volte possono essere ingannati. Le sostanze utilizzate ormai sono talmente numerose e dunque tali da rendere lunghe, complesse e costose le indagini biochimiche, chimiche e tossicologiche.
Sappiamo che dai paesi asiatici a volte arrivano prodotti ittici ancora vivi e che sono posti in stato di coma artificiale, per poi essere 'risvegliati' al momento giusto.
Ora, senza entrare in argomenti complessi e mettendoci nei panni del consumatore, cerchiamo di capire quali sono e come smascherare alcune violazioni.
L’analisi immediata nei confronti dei prodotti della pesca è senz'altro quella sensoriale che, essendo del tutto soggettiva, deve necessariamente basarsi su alcuni parametri tali da rendere possibile la determinazione del grado di freschezza e, in un certo senso, la conservabilità e il valore commerciale. Quattro sono i gradi di freschezza del pesce in base al suo valore commerciale: freschissimo, fresco, stantio e alterato.
Ma come gia detto, l'impiego di alcune sostanze da parte degli OSA (Operatori del Settore Alimentare) tende a mascherare le percezioni sensoriali anche dei più esperti.

Le frodi commerciali relative ai prodotti della pesca che hanno perso la loro naturale freschezza sono mitigate, a volte, dal lavaggio con acqua, sale e aceto. Le branchie vengono spesso trattate con anilina e ammoniaca, in modo tale da evitare l'opacità del muco. Non è raro la sostituzione delle stesse branchie, più volte, infatti, chi scrive, ha notato nei mercati rionali pesce adulterato in questo modo, mentre le casse di pesce fresco erano tenute nel retro a disposizione di clienti più esperti e disposti a pagare cifre maggiori.
A volte gli occhi sono asportati, per evitare che si possa notare l'opacità e l'appiattimento.

Frodi comuni riguardano la vendita di pesce decongelato e congelato più volte, spacciato ovviamente per fresco, oppure riguardano la vendita di una specie per un altra. Esempi classici la vendita di tranci di squali spacciati per tonni, zanchette per sogliole, tonno affumicato per salmone affumicato, melù per merluzzi, totani per calamari, meretrix per molluschi locali, vongole cinesi per vongole veraci ecc..

A volte si interviene sul prodotto stesso con trattamenti quali:

Accanto a queste metodiche, ne vengon utilizzate altre molto più complesse, che prevedono l'utilizzo di sostanze vietate.
Per esempio il cafodos (o cafados), un additivo vietato in Italia e utilizato da solo o con acqua ossigenata per conservare i caratteri di freschezza del pesce.
Il suo utilizzo aumenta il rischio per i consumatori, infatti il cafodos maschera il naturale stato di deperimento del prodotto ittico, per cui aumenta il rischio di contrarre la sindrome sgombroide; se infatti il prodotto esternamente appare fresco e di bell'aspetto, internamente va incontro a deterioramento, subendo un processo di decarbossilazione, che trasforma l'istidina in istamina che ingerita, determina la sindrome sgombroide.
Il perossido di idrogeno o acqua ossigenata è un potente ossidante che sbianca i prodotti alimentari con cui sono trattati e, anche in questo caso, rende vano il riconoscimento di un prodotto ittico fresco da uno alterato e pericoloso per la salute. Nella grande distribuzione i pesci decongelati e di aspetto poco 'appetitoso' possonoessere venduti con la dicitura "pesce trattato in aggiunta di coadiuvante tecnologico".
Ovviamente l'uso di perossido e cafodos è vietato e costituisce una vera e propria frode commerciale. Purtroppo dopo l'utilizzo dei due prodotti, è quasi impossibile trovarne traccia. Il primo di mescola all'acqua, il secondo è altamente volatile.

Il Ministero della Salute, a scanso di interpretazioni futili o ambigue, ha diramato la Nota chiarificatrice n. 13093 del 29 aprile 2010, in cui viene rimarcato il divieto di utilizzo di perossido di idrogeno nei prodotti della pesca destinati al consumo alimentare umano. Nel merito della nota si precisa che il Ministero della Salute è venuto a conoscenza del fatto che prodotti commerciali contenenti perossido di idrogeno vengono proposti e utilizzati, in aggiunta ad additivi consentiti, al fine di ottenere nel pesce fresco un effetto conservante e sbiancante, nonché per mantenere nel pesce azzurro un aspetto "brillante". L'utilizzo di perossido di idrogeno per i prodotti alimentari non è consentito in quanto non è autorizzato come additivo, bensì come presidio medico-chirurgico; pertanto, tale molecola non può essere in alcun modo utilizzata sul pesce fresco, né può venire a contatto con esso mediante diluizione in soluzione acquosa. La nota evidenzia che gli unici additivi utilizzati nei prodotti alimentari di origine animale sono quelli contemplati dal Decreto Ministeriale del 27 febbraio 1996 n. 209. Per conoscenza si riportano in Tabella 3 le definizioni relative alla normativa di riferimento.

Anche il cloro è un potente ossidante e viene utilizzato per il 95% nello sbiancamento della cellulosa e in parte anche della farina di uso alimentare. Si tratta di un additivo consentito (cloro E925 e il cloro E926), tuttavia essendo un ossidante potente, riduce negli alimenti la quantità di Vitamina E. Inoltre è un irritante per cui se ne sconsiglia l'uitlizzo nei prodotti della pesca e dell'acquacoltura e più in generale negli alimenti.

La presenza di additivi negli alimenti influenza notevolmente la freschezza e la conservabilità dei prodotti, inoltre la situazione si è ulteriormente complicata con la nascita dei cosiddetti additivi "di nuova generazione". Andrebbe senza meno rivista dl tutto o parzialmente la normativa che regola gli additivi e i coadiuvanti (DM n. 209/1996) e bisognerebbe stabilire le specifiche peculiarità dell'additivo o del coadiuvante, poiché, come si è visto, non è raro utilizzare additivi ammessi anche per altri alimenti (es. cloro nei pesci).

BIBLIOGRAFIA

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